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LA VITTORIA DI MACRON E IL TRAMONTO DELLA FRANCIA. Di Alfredo Incollingo

La vittoria di Marine Le Pen nelle ultime elezioni francesi poteva far sperare in un cambio di rotta nella politica comunitaria europea. Se il “Front National” avesse ottenuto la maggioranza dei consensi, avrebbe sicuramente messo in allarme i burocrati di Bruxelles. Sarebbe stato il sintomo più evidente di un malcontento generale degli europei e dei francesi, non più proni ad accettare l’austerità e l’insicurezza odierni. Invece la Francia ha tradito di nuovo le aspettative e si è rivelata ancora una volta una nazione conforme, non reattiva e perseverante nell’errore.

La vittoria del socialista Emmanuel Macron è la manifestazione di una nazione che ha perso la cognizione del suo secolare ruolo di volano della storia europea in politica e nella sfera religiosa. Di errori ce ne sono stati anche nel fronte lepeniano: Marine ha deluso negli ultimi comizi e nel confronto televisivo con Macron. I francesi tuttavia non sono stati da meno, ma ormai la Francia ha provato di accettare passivamente il suo destino nefasto.

Dalla leggendaria conversione di Clodoveo I nella cattedrale di Reims la notte del 24 dicembre 496, la Francia è stata definita la “figlia predilettissima della Chiesa”. Nel caso francese politica e religione, più di altre realtà, procedono parallelamente. Non è un caso se la nazione è stata più volte definita il braccio armato della Chiesa Cattolica, la paladina del papato nei momenti di crisi. Siamo attenti però a facili generalizzazioni. E’ vero che i francesi accorsero repentinamenti in soccorso dei papi, ma sono numerosi anche i casi di tradimento. La Francia ha avuto da sempre le sue mancanze, rispetto ad altre nazioni cattoliche quali la Spagna o il Portogallo. Dal medioevo ai giorni nostri ha tentato più volte di rendersi autonoma da Roma: pensiamo al gallicanesimo e alla volontà dei sovrani di costituire una chiesa francese indipendente. Le eresie trovarono ampia diffusione in Francia, anche per scopi strumentali e fondamentalmente politici. Sicuramente dopo il 1789 la nazione ha abbandonato qualsiasi pretesa cattolica o di salvaguardia del cattolicesimo e nel corso dell’Ottocento, nonostante i periodi di “restaurazione” monarchica, si è sempre portata avanti una tendenza laicista, neutrale verso qualsiasi forma di religione. Napoleone firmò nel 1801 un Concordato con la Chiesa Cattolica concedendo sussidi al clero, ma allo stesso tempo li concedeva alle altre confessioni cristiani e agli ebrei. I più attenti potrebbero citare Carlo Magno a sostegno della perenne cattolicità francese. L’imperatore del Sacro Romano Impero non era propriamente francese, perché era proiettato su una dimensione imperiale ed europea. Lì si cercò pienamente il sostegno della Chiesa Cattolica nella gestione dello Stato, una cooperazione che fu vista come una forma di subordinazione ai danni di Roma. In tempi recenti, durante la seconda guerra mondiale il governo di Vichy del maresciallo Petain sembrò ritornare al vecchio ordine spirituale, facendo del cattolicesimo la religione di Stato. Fu un’esperienza effimera per poter effettivamente esprimere un giudizio positivo o negativo.

Le ultime elezioni francesi hanno visto contrapporsi due Francie: quella popolare e contadina di Le Pen, stufa del mondialismo e della crisi, e quella progressista e metropolitana di Macron. La Francia ha potuto finalmente liberarsi da un giogo opprimenti, ma ha optato per rimanere nella situazione di sudditanza. Ha sostanzialmente rinnegato il suo passato da protagonista nella storia europea. La monarchia francese ha costruito una nazione forte e sicura che è stata ereditata dalle generazioni repubblicane del dopo 1789. La volontà di staccarsi da qualsiasi sudditanza, come quella della Chiesa di Roma, manifestava uno spirito indomito e suprematista. Francia e Germania hanno fatto da registe nell’Europa moderna, ma i risultati del ballottaggio del 7 maggio ha mostrano una nazione che ha chinato il capo alla sua rivale tedesca.

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