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AUSTRIA. E’ TROPPO FACILE ACCUSARE GLI “ELETTORI CHE SBAGLIANO”. Di Franco Cardini

Sebastian Kurz, 31 anni, cancelliere federale dell’Austria.

Quello dell’affermazione dell’estrema destra in Austria non è per nulla   un fulmine a ciel sereno: anzi, è da molti punti di vista una “novità annunziata”, se non un’evenienza scontata.

Inutile il meravigliarsi; grottesco il preoccuparsi oltre un certo segno; ridicolo il correre all’impazzata alla ricerca nevrotica dei “responsabili” o chiedersi “dov’è che abbiamo sbagliato”. Fanno ridere quelli – e sono tanti: date un’occhiata ai soliti bloggers – che al riguardo resuscitano il fantasma delle elezioni tedesche del ’33 o fanno finemente osservare che in fondo l’Austria è il paese di Adolf Hitler (lo è anche di Mozart e di Beethoven: e allora?).  Se i polacchi dedicano sfilate e pubbliche recite di rosario al pericolo islamico, se in Italia quattro ragazzacci che fanno qualche saluto fascista provocano progetti di legge insensati che rubano tempo prezioso a un parlamento che dovrebb’essere in più serie faccende affaccendato, tutto ciò vuol dire che siamo in un momento di estrema confusione e di serio disorientamento. Ma che cosa volete aspettarvi da un mondo  sconvolto dai vaneggiamenti di un avventuriero malauguratamente pervenuto a occupare (si spera il meno a lungo possibile) la Casa Bianca?

I problemi connessi con la crisi che in questo momento sta sconvolgendo un Islam travolto dalla lotta tra sunniti e sciiti e percorso dal soffio della tentazione terroristica, con la congiuntura che continua a negare il lavoro a gran parte degli europei e soprattutto degli italiani (per quanto gli indici delle fonti ufficiali ci assicurino della ripresa in atto), con l’ondata di ferocia almeno in apparenza ingiustificata che scuote il mondo e moltiplica i più atroci e insensati delitti,  convergono nell’obbligarci a una diagnosi impietosa sullo stato di salute di buona parte dell’umanità; mentre un’altra buona parte di essa è in cammino dal sud diseredato verso il nord nel quale non abita più il benessere, bussa alle nostre porte, chiede di entrare e riceve risposte schizofreniche e contraddittorie.  In tale contesto può succedere di tutto: il riemergere di antichi miti e di antichi mostri, l’affiorare delle aspirazioni a “piccole patrie” nelle quali rifugiarsi contro l’arroganza di sistemi politici invecchiati e inefficienti, i sogni d’impossibili chiusure e quelli di non meno impossibili utopìe. Succede di tutto, quando il crescere della disinformazione e la crisi della coscienza civile provocano l’abbandono dei concreti orizzonti politici quelli che riguardano “l’arte del possibile”.

Il brexit inglese, l’impennata del sovranismo e del neomicronazionalismo in vari paesi del nostro continente,  la crisi catalana, pur con caratteri differenti e in un certo senso opposti, sono tutti sintomi, anzitutto, di un fatto emergente: la fine diffusa e generalizzata della fiducia di quel progetto unitario europeo che, nato come fatto eminentemente economico-finanziario, si è rivelato più che un bluff un vero e proprio inganno. Da anni eravamo in attesa che si compisse un miracolo ch’era pure nei voti di molti e che sembrava inscritto nell’ordine naturale delle cose: il progresso dal livello economico-finanziario dell’Unione Europea verso l’obiettivo di un’autentica unità politica, non importa poi molto se d’ordine federativo o confederativo. Ma l’Unione Europea era un organismo fatto di governi e di burocrazie: di Stati, forse, non di popoli e di nazioni. Anche dinanzi al pericolo terroristico  e ai problemi posti dalla migrazione ci aspettavamo una risposta concreta e unitaria. C’ingannavamo. Pensate come l’Unione Europea ha risposto alla crisi greca, ponete mente a come essa ha di fatto – al di là delle belle promesse e delle ferme assicurazioni – lasciati soli anche noi italiani.

Insomma, pensate quello che vi pare se gente alla quale troppo frettolosamente qualcuno ha affibbiato l’etichetta di “neonazista” pretende – come ha già fatto in Polonia, in Ungheria, e ora sta facendo in Austria –  di chiudersi su se stessa, di rispondere con la politica del riccio (o con quella dello struzzo?) a problemi a anche a pericoli incombenti e che riguardano tutti. Ma chiedetevi che cosa fino ad oggi hanno fatto i seri moderati, i politici concreti e sperimentati, i saggi detentori del potere in Occidente, per risolvere i problemi attuali. Domandatevi se essi hanno mai risposto alle vere emergenze del mondo contemporaneo con strumenti che non fossero l’inadeguatezza, l’incompetenza, addirittura la disonestà: perdendo con ciò la fiducia dei governati che, mentre si dibattono prigionieri di autentiche difficoltà, vedono le loro classi dirigenti giocare con le alchimie dell’ingegneria elettoralistica volta a salvare le loro poltrone e i loro stipendi. Badate, l’Italia in questo gioco al massacro della fiducia può anche essere all’avanguardia: ma il  trend è quasi comune: se la May piange Macron non ride, Rajoy ha poco da ridere e la Merkel farebbe meglio a preoccuparsi più di quanto non faccia.

Un bel giochetto di prestigio, quello delle élites liberal-moderate europee. Da oltre un secolo, esse usano assolversi in modo sistematico da ogni traccia di addebito che li riguardi. Evidentemente Dio è con loro e lor signori hanno la verità in tasca. Le cose sono andate male? Fino al 1945, è stata tutta e solo colpa di Hitler; poi di Stalin e di quei mascalzoni dei comunisti; infine dei fanatici fondamentalismi islamici. Loro no:  loro sono sempre innocenti, sono sempre dalla parte del giusto e del vero. Se oggi il mondo è in mano a un pugno di lobbies che procedono sicure verso una concentrazione dei poteri e delle ricchezze (e dunque verso un generale impoverimento delle multitudini del mondo), se sono sempre più numerosi i ragazzi costretti a tentar l’avventura d’una sistemazione all’estero o scoraggiati al punto da darsi alla droga, al suicidio o magari all’ingaggio nei ranghi dei foreign fighters terroristici, la colpa non è mai di lor signori. E se gli elettori, stanchi, li abbandonano per  darsi ai populismi e magari ai “neonazisti”, la colpa è degli elettori che sbagliano,  non di chi propone loro scelte fumose e inefficaci atte solo a ribadire il suo potere. Questo c’insegna il “caso” austriaco. E non sarà né l’ultima, né al più dura delle lezioni che ci vedremo impartire. Avanti quindi: continuate pure col giochetto delle leaderships, delle  “primarie” e delle coalizioni”. Continuate pure ad eludere i problemi che contano. Continuate, come dice Nanni Moretti, a farvi (e purtroppo a farci) del male.

Franco Cardini

 

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