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LA CHIESA E LA FEDE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS. Di Francesco Mario Agnoli.

  Domenica 1° marzo 2020. Santa Messa delle ore 11 nella  chiesa di San Giovanni in Fonte, Duomo cittadino. Il celebrante, dopo averli ammoniti  che questa “terribile epidemia” non è un  castigo mandato da Dio, ma il frutto di leggi naturali e comportamenti umani, ha chiesto ai  fedeli presenti (forse un terzo dei frequentatori abituali) di interrogarsi sul senso dei   messaggi che Dio intende  trasmettere attraverso questi inattesi avvenimenti. Evidentemente non si è reso conto che la risposta inevitabile sarebbe stata “nessun senso”, “nessun messaggio”, dal momento che si verte in materia a Lui  completamente estranea. Non solo  non si tratta di un castigo divino, ma Dio nemmeno potrebbe intervenire sull’epidemia (quasi pandemia secondo l’OMS) di coronavirus per  porvi termine o alleviarla. Per questo bisogna attendere che gli scienziati mettano a punto un vaccino o che, nel frattempo, abbiano effetto le quarantene disposte  dal governo Conte  o intervengano beneficamente  i tiepidi influssi  della primavera alle porte.   Difatti, secondo la teologia contemporanea (riassunta da  Papa Francesco nella formula “Dio non è Mandrake”), con buona pace dell’opposta opinione  di San Tommaso d’Aquino, il Creatore, al contrario dei legislatori  umani, ai quali è riconosciuto il potere di abrogare o modificare le leggi dello Stato, non ha la  possibilità di intervenire, nemmeno per un piccolo strappo,  su quelle che reggono l’universo, ma deve rigorosamente rispettare l’ordine che Egli stesso ha dato al Creato.

   Di conseguenza,  il celebrante, dopo l’omelia, ha ripetute le comunicazioni della domenica precedente a proposito  delle  ordinanze prefettizie e vescovili, che impongono di togliere dalle acquasantiere l’acqua santa, potenziale veicolo di trasmissione del virus, vietano lo shakehand come forma di scambio della pace, e le riunioni di più persone in luoghi chiusi. A questo proposito  ha chiarito che, in molte chiese  parrocchiali della città non è stata celebrata la Messa, perché  non abbastanza ampie per garantire ampi spazi di distacco fra i partecipanti all’assemblea dei fedeli (anzi all’assembramento, come l’ha definita il presidente del consiglio). Celebrazione  invece possibile  in Duomo grazie alle notevoli dimensioni dell’edificio e alla facile (e in effetti realizzatasi) previsione di un modesto concorso di fedeli.   Alla perfetta correttezza burocratica  ha fatto riscontro, altrettanto perfetta, quella teologica, che non ha lasciato spazio nemmeno ad una piccola parola di  preghiera per implorare da Dio  la sollecita fine della pestilenza (se qualcuno  dei fedeli presenti, più legato alle cattive abitudini di antiche tradizioni, ha pregato per la salute propria, dei propri cari e, magari, degli amici e dei vicini, lo ha fatto  in silenzio, dentro di sé, forse un po’ vergognandosi di tanta teologica inottemperanza).

   Il cristiano come sempre si adegua. Lo storico  rimarca che è questa probabilmente la prima volta  nella storia dell’umanità e di tutte le religioni (non solo del cristianesimo, che in altre epoche  osava rivolgersi alla Divinità con le rogazioni e con preghiere universali come “a bello, a peste libera nos Domine”), che  una calamità naturale, dal terremoto alla peste, dagli incendi e dalle inondazioni alla carestia, invece  di allargare lo spazio solitamente concesso alla religione lo restringe fin quasi a totalmente annullarlo, quanto meno  nelle sue manifestazioni pubbliche. Dal canto loro il sociologo e l’economista  riflettono  che giustamente le restrizioni imposte alle manifestazioni religiose prevedono assai minori eccezioni di quelle previste per altre forme di aggregazione (o assembramento), come quelle dettate, dopo un primo momento di maggiore severità, per bar, ristoranti e altre attività economiche. Dopo tutto l’incidenza del fenomeno religioso sul PIL è  assai modesta.

   Il cristiano è oggi solitamente un animale divenuto timido, che in quanto tale,  come si è detto, si adegua al volere delle autorità e dei superiori, laici o ecclesiastici che siano. Se qualcuno non lo facesse (in tutte le comunità sono presenti i bastiancontrari) e si azzardasse a ricordare ai teologi che Gesù Cristo in persona ha  violato più volte con i suoi miracoli le leggi dell’ordine naturale  volute da Dio, si troverebbe un qualche monsignor Spadaro pronto a replicargli, con una delle sue battute, che quei miracoli non sono stati registrati e immortalati da un operatore televisivo, e che in ogni caso – come nella famosa barzelletta della rossa Ferrari rombante per le strade a circolazione vietata del Paradiso – si tratta pur sempre del Figlio del Padrone.

Francesco Mario Agnoli

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