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IPERTROFIA NORMATIVA E INCERTEZZA DEL DIRITTO AI TEMPI DEL COVID-19. Di Claudio Giovannico

“Grande è la confusione sotto il cielo”; eppure, diversamente da quanto affermato nella nota massima di Mao, l’attuale situazione in Italia è tutt’altro che eccellente, non solo sotto il profilo sanitario, ma anche dal punto di vista giuridico e della tenuta sociale tutta del Paese.

Da quando è esplosa l’epidemia di Covid-19 in Italia, un impressionante numero di fonti normative ha pervaso il nostro ordinamento nel tentativo di arginare e gestire l’emergenza presentatasi e giuridicamente dichiarata in via ufficiale con Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 (Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili), ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. c) del d.lgs n. 1 del 2018 (Codice della Protezione civile).

Sebbene in simili casi straordinari “di necessità e d’urgenza” lo strumento normativo privilegiato e messo a disposizione dal nostro ordinamento sia rappresentato dai decreti-legge, alla decretazione di urgenza ha fatto seguito l’adozione di svariati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), direttive e ordinanze ministeriali, ordinanze del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, ordinanze regionali e comunali.

Tutte misure, in verità, “coperte” e autorizzate dai decreti-legge, precedentemente adottati, e rispetto ai quali assumono valore e funzione attuativa, per quanto restrittive e limitative di diritti e libertà costituzionalmente garantiti e teoricamente riservati a fonti primarie.

In ogni caso, prescindendo, da tecnicismi e formalismi giuridici, occorre registrare il dato fattuale per cui l’eccessivo avvicendarsi di fonti normative, in possibile e progressivo conflitto tra loro, stia provocando un concreto stato di incertezza giuridica e sociale, affatto in linea con quanto necessario a fronteggiare l’emergenza in atto.

Tale incertezza ha di recente conosciuto piena rappresentazione nel contrasto normativo insorto tra l’ordinanza della Regione Lombardia del 21 marzo e il DPCM emanato il giorno seguente dal Presidente del Consiglio Conte; entrambe fonti di rango secondario, da cui deriva un’antinomia normativa di soluzione tutt’altro che immediata.

Se per un verso, sembrerebbe trovare applicazione il principio generale di cui all’antico brocardo “lex posterior derogat priori”, per cui prevarrebbe il DPCM del 22 marzo, ad esito diverso si perverrebbe alla luce del principio di sussidiarietà, stabilito tal Titolo V della Costituzione in materia di Sanità, per cui le Regioni possono intervenire (in senso restrittivo e non estensivo) rispetto alle disposizioni statali sul proprio territorio.

La soluzione sembra, invero, doversi rintracciare nella fonte normativa di riferimento, nel caso specifico costituita dal decreto legge DL n. 6/2020, il quale, all’art. 3, comma secondo, nel disciplinare i rapporti fra dette fonti di diritto, stabilisce espressamente che in assenza dei DPCM di cui sopra e nei casi di estrema necessità ed urgenza, le misure di contenimento possano essere adottate dal Ministro della salute, dai Presidenti di regione e dai sindaci, ai sensi dell’art. 32 della l. 23 dicembre 1978 n. 833, dell’art. 117 del d. lgs. 31 marzo 1998 n. 112 e dell’art. 50 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

Da quanto sopra esposto in breve se ne ricava un ingarbugliato quadro normativo che non risponde certo all’esigenza di certezza del diritto, al contrario auspicabile in siffatte situazioni di emergenza, non potendosi di certo pretendere che il comune cittadino si trovi ad affrontare quotidianamente simili questioni tecniche in assenza degli adeguati strumenti e conoscenze in materia.

Non resta che augurarsi, dunque, che la politica torni quanto prima ad occuparsi responsabilmente dell’attuale crisi, sanitaria ed economica, recuperando innanzitutto l’unità di indirizzo politico de e tra i pubblici poteri, che ad oggi sembrerebbe tragicamente persa, come dimostra il suddetto conflitto normativo tra provvedimenti regionali e di Governo.

Claudio Giovannico

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